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Provolone del Monaco

 foto provolone del monacoDescrizione del prodotto

Questo formaggio è ottenuto dalla lavorazione del latte crudo di ogni singola mungitura o al massimo di due mungiture successive. Il metodo tradizionale prevede l'impiego di caglio di capretto. Dalla coagulazione del latte crudo, si ottiene la cagliata, che viene rotta fino alla dimensione di piccoli grani, impiegando un utensile di legno denominato "Sassa", dopodiché si passa alle operazioni successive di scottatura e filatura. La filatura è alquanto laboriosa, in alcuni casi, per attorcigliare la cagliata, è richiesto l'intervento di due persone.
Quando la pasta ha raggiunto la consistenza desiderata, si effettua la formatura che può essere a pera, o a cilindro. Segue la salamoia, l'asciugatura e la stagionatura che viene effettuata in cantine per un periodo che oscilla da 6 a 18 mesi . Il pascolo dei Monti Lattari e gli ambienti di stagionatura conferiscono a questi formaggi degli aromi unici che vengono esaltati dalla lunghezza della stagionatura.
Aspetto esterno con crosta rigata di colore nocciola e/o rossiccia, al tatto presenta pasta semidura, compatta al taglio, tipico l'odore di latte e fieno.
 
 
Cenni storici
La tesi più accreditata sulle origini della denominazione provolone "del monaco" si riferisce al fatto che i casari che sbarcavano all'alba nel porto di Napoli, con il loro carico di provoloni provenienti dalle varie località della penisola sorrentina, per proteggersi dal freddo e dall'umidità, erano soliti coprirsi con un mantello di tela di sacco, che era simile al saio indossato dai monaci.
Il latte impiegato è quello di vacca, tra cui quello di vacca di razza agerolese utilizzato in quantità non inferiore al 20%. Questa razza fu creata a metà del XIX secolo ad Agerola. I primi tentativi di miglioramento delle razze bovine di ceppo podolico campane furono avviati dai Borboni, che importarono animali di diverse razze (Bruno Alpina, Pezzzata Nera Olandese, Simmenthal) per migliorare le mandrie esistenti in Campania. Nell'Agerolese, , forse anche a causa dell'isolamento di questi luoghi, avvenne che i caratteri genetici si fissarono meglio. Nel 1845, il generale Avitabile, tornò al Agerola dall'Inghilterra, aveva con se molti regali, ricevuti per le sue imprese militari, tra questi un torello, due vacche gravide e una vitella di razza Jersey. Dal lavoro di selezione svolto dall' Avitabile, nasce la razza Agerolese, molto rustica, con un latte di qualità eccezionale, impiegato sia per la produzione del "provolone del Monaco" che per il "fior di latte".
 
 

 

Area di produzione
La produzione del "provolone del Monaco DOP" interessa la provincia di Napoli, in particolare le zone basse della Penisola Sorrentina ed il territorio dei Monti Lattari con il comune di Agerola.
La qualità del latte impiegato è eccezionale perchè sintesi del patrimonio genetico di tre razze che attraverso una opera di selezione hanno originato nel tempo la vacca agerolese che sebbene abbia rese in latte molto modeste, di contro produce un latte di alta qualità impiegato in miscela per migliorare la qualità del provolone del monaco e del fior di latte di Agerola.

 

Dati economici e produttivi

La produzione di latte nell’area Agerolese-sorrentina è stimata in 100 mila q.li all’anno, quasi tutta destinata alla produzione del Provolone del Monaco DOP, del Fior di latte e degli altri latticini locali. Da tempo, i caseifici locali per soddisfare il loro fabbisogno sono costretti ad approvvigionarsi fuori zona. Lo stesso disciplinare della DOP prevede una partecipazione del latte derivato dalla vacca Agerolese del 20% e la restante parte da bovini di razze diverse (Frisona, Brunalpina, Pezzata Rossa, Jersey, Podolica e Meticci locali) allevate esclusivamente nell’area di produzione.

Nel 2008 (dati Ismecert) risulta una produzione certificata e venduta come Provolone del Monaco DOP di 120 quintali circa, ma nel 2009 (dati non ancora ufficiali) si è già oltre i 400 quintali, corrispondenti a 12.500 formaggi con la pezzatura di 3,2 Kg, la più utilizzata.

Il riconoscimento della DOP e il crescente interesse commerciale verso tale prodotto ha rivitalizzato l’intero comparto tanto che il prodotto, una volta completata la stagionatura è smaltito rapidamente e senza alcuna difficoltà soprattutto sul mercato regionale ed in maniera crescente anche presso la moderna distribuzione. Ci si può attendere quindi un incremento anche dei capi allevati e quindi anche delle produzioni, ma le difficili condizioni orografiche dell’area e le difficoltà strutturali delle aziende potrebbero ostacolare un pur auspicato sviluppo del comparto.

 

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